Lunedì, 07 Ottobre 2013 17:00

Laicità, religione e politica. Nota sulla Summer School

Scritto da  Gerardo

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una lettera, inviataci dal prof. Riccardo Albani (Storia della chiesa, Univ. di Firenze), in cui si pone la riflessione sul senso, assai problematico, della laicità. Il particolare coinvolgimento che questo tema opera nei confronti dei rapporti tra religione e politica, mostra elementi di distinzione ma anche tematiche in comune tra le tradizioni islamica e occidentale.



Carissimo Arnaldo,
vorrei ringraziarti moltissimo per il bel convegno che hai organizzato a San Gimignano, che mi è sembrato (ma credo a tutti), molto interessante e per tanti aspetti illuminante.
Qui di seguito vorrei fare solo alcune brevi osservazioni. Alcuni degli intervenuti hanno parlato della laicità, senza però cercare di problematizzare questo termine, che al contrario mi sembra molto difficile da definire.
Qualcuno ha parlato dello sforzo dei pensatori islamici per operare una distinzione tra religione e politica, ma con la implicita convinzione che in Occidente il problema sia stato già risolto. A me sembra invece che lo sforzo degli intellettuali islamici coinvolga anche noi occidentali e che per questa ragione il problema di una distinzione tra religione e politica ci riguardi ancora da vicino. Sono pertanto molto interessato alle loro riflessioni che hanno, a mio sommesso avviso, una valenza universale.
Ma poi, è proprio così scontato che sia possibile distinguere la religione dalla politica una volta per tutte, che si possa cioè dare una codificazione definitiva ad una questione che avrà sempre delle soluzioni provvisorie? La legittima ricerca di una distinzione non esclude allora la possibilità di un conflitto (fatto certamente con le armi del 'dialogo' e della 'ragione'). Anzi, arrivo a dire che il conflitto è forse auspicabile, se è vero che la religione dovrebbe avere un carattere di contestazione permanente di 'questo mondo'.
Faccio soltanto un esempio, per chiudere la mia lettera. Pensiamo a quel meraviglioso 'ossimoro' (lo chiamo così perché l'imputazione del peccato deve sempre riguardare il singolo individuo), coniato dalla chiesa cattolica a proposito di situazioni consolidate e permanenti di ingiustizia che Giovanni Paolo II, nella 'Centesimus annus', se non ricordo male, ha definito per la prima volta col termine di 'strutture di peccato'.
Ora, se si tratta di qualcosa di peccaminoso, è chiaro che la chiesa non può certo disinteressarsi della soluzione dei problemi connessi a tali strutture, e vorrà (legittimamente), intervenire per cercare di porvi rimedio. Ma ecco il punto: questa azione 'in temporalibus', non è detto che possa concordare, o non piuttosto configgere, con gli strumenti messi in opera dallo stato laico, e così il conflitto (vivaddio), resterà sempre uno dei possibili esiti di questo rapporto difficilissimo e molto problematico tra religione e politica. (In breve, non credo che sia sempre e in ogni circostanza di facile attuazione poter tirare una linea netta che separi gli ambiti della religione e della politica).
Il convegno di San Gimignano mi è servito moltissimo per chiarire alcuni aspetti della laicità, ed anche di questo ti sono profondamente grato.

Un abbraccio sincero, e a presto,
Riccardo

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